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LONDRA SERA
NUMERO 25, 28-4
Giugno/Luglio 2010 
 

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L'AMBASCIATORE ECONOMIDES HA PRESENTATO LE CREDENZIALI
Leggi l'articolo pag 1 Numero 25 AMBASCIATA - CREDENZIALI

"Londra Sera" dal nostro Archivio
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L’AMBASCIATORE

ALAIN GIORGIO MARIA ECONOMIDES

HA PRESENTATO LE CREDENZIALI

L’Ambasciatore Alain Giorgio Maria Economides ha presentato le Credenziali alla Corte di San Giacomo. La cerimonia, ricca di colore, di fasto e di regalità è, come vuole la tradizione, un evento sociale di grande importanza. Due carrozze con i cocchieri in livrea rossa fiammante con i bottoni dorati, sono arrivate alla sede di Grosvenor Square, dove un Marshal del Corpo Diplomatico ha prelevato l’Ambasciatore con tutto il suo seguito di Consiglieri, per il tradizionale tragitto che dall’Ambasciata Italiana li doveva portare a Buckingham Palace. Una tradizione regale annotata nelle pagine del ‘Times’ e del ‘Daily Telegraph’ come l’evento più significativo della nostra Diplomazia. Alla fine della cerimonia delle Credenziali, un Vin d’Honneur è stato offerto in Residenza per festeggiare l’avvenimento. “Londra Sera” per l’occasione, oltre a porgere le congratulazioni e gli auguri, pubblica in onore un raro documento tratto dal diario di Dino Grandi uno dei più prestigiosi ambasciatori della Storia d’Italia nel Regno Unito.

 

“L'Ambasciata di Londra”

“Arrivai a Londra il 30 luglio 1932. Trovai quasi deserta la capitale britannica. La ‘Season’ cioè la grande stagione che si celebra ogni anno in Gran Bretagna dagli ultimi giorni di aprile a fine luglio volgeva al suo termine. Ogni anno, nei mesi di maggio, giugno, luglio la grande metropoli, capitale dell'Impero si rimetteva a nuovo. Il clima è in genere mite nella tarda primavera e nella prima estate; i parchi e i giardini sono pieni di fiori. Da tutte le parti dell'Impero, d'Oltremare e da tutto il mondo accorrevano turisti e visitatori. Ricevimenti a Corte e nelle ambasciate; i teatri rinnovavano gli spettacoli; riaprivano i battenti le accademie, mostre d'arte d'ogni genere e specie. Visite di re e di principi stranieri. Tutta Londra era in festa.

Verso la fine di luglio aveva luogo il ‘Garden Party’ nei giardini di Buckingham Palace offerto dai Sovrani e questo segnava il termine della‘Season’. All'indomani di questa data i Sovrani partivano per trascorrere l'estate nei loro castelli, e così l'alta società. Il Parlamento chiudeva i suoi battenti. Tutti coloro che potevano farlo se ne andavano in campagna o all'estero; la vita normale non riprendeva che ad ottobre, quando aveva inizio la ‘piccola season’ nei due mesi precedenti il Natale. Al mio arrivo nella capitale britannica una sgradevole sorpresa mi attendeva. Sei mesi prima, era stata acquistata dal governo italiano la nuova sede dell'ambasciata, un grande palazzo di proprietà di Lord Fitzwilliam in Grosvenor Square, attiguo al palazzo del Duca di Portland. Non si trattavadi un vero e proprio acquisto, ma di un contratto d'affitto di 99 anni, il tipico lease, del dirittoinglese. Si trattava di una solida e vasta costruzione dei primi dell'800 di un severo stile vittoriano, con cortile e scuderie annesse. Al posto delle scuderie, il nostro governo aveva costruito con criteri razionali un edificio di tre piani destinato agli uffici ed al servizio di cancelleria, collegato al palazzo dell'ambasciata da un lungo corridoio. Questo stabile era già in perfetto ordine egià ospitava uffici e cancelleria. Di regola il capo missione diplomatico sceglie come posto di lavoro una sala dell'ambasciata, io scelsi invece una stanza al centro degli uffici nell'edifio annessodove lavoravano i miei collaboratori per rimanere costantemente a contatto con loro, assicurare il lavoro d'équipe e dare un tono di maggiore familiarità ed efficienza alla comune attività. Per quanto concerne invece la sede vera e propria dell'ambasciata i guai mi apparvero effettivamente seri. Durante le mie assenze da Roma a Ginevra, l'ufficio case del Ministero aveva creduto opportuno, anche a risparmio di tempo, di affidare la sistemazione interna, l'arredamento dell'interopalazzo ad un architetto, specialista dell'arredamento di piroscafi di seconda classe. Qualche mobile era già arrivato dall'Italia. Il contrasto tra il severo stile vittoriano e l'arredamento dozzinale in via di sistemazione risultava un vero e proprio obbrobrio. Non era possibile che l'Italia, universalmente considerata come la terra di bellezza e del buon gusto, desse una così volgare dimostrazione di sé nella capitale dell'Impero Britannico. Non mi perdetti d'animo, arrestai l'influsso degli altri mobili, la cui maggioranza, per fortuna, non era stata ancora spedita e proposi al Ministero di destinare il tutto alla sistemazione della nostra delegazione al Cairo, riservandomi di trasmettere proposte al mio ritorno a Roma il primo settembre. Dai fondi messi a disposizione dal governo per la costruzione degli uffici e per la sistemazione della sede dell'ambasciata era rimasto un milione di lire, somma notevole, ma insufficiente per la sistemazione del grande palazzo di Grosvenor Square. Profittai di quelle settimane di riposo pervisitare i nostri uffici consolari in Gran Bretagna, il porto di Cardiff, le città industriali come Liverpool, Manchester, Birmingham, Glasgow e quindi Edimburgo, la capitale della Scozia. Mispinsi fino a Inverness e Aberdeen, la bella città costruita di pietra bianca, con la sua famosa università, le innumerevoli navi di pescatori seguite in mare da nuvole di bianchi gabbiani. Nel viaggiodi ritorno mi soffermai ad ammirare i paesaggi descritti da Walter Scott, col fiume Tweed inmezzo a morbide colline che l'erica fiorita stava già ricoprendo da un mantello purpureo; più a sud New Castle coi ruderi dell'Adrian Wall il grande muro ed il valo costruiti dall'Imperatore Adriano per fissare i confini al nord dell'impero di Roma, l'incantevole distretto dei laghi, le mura romane di Chester, le foreste del Galles, le terme romane di Bath, la romantica Cornovaglia di ReArtù. Volli visitare a volo d'uccello anche l'Irlanda cattolica e celta.Al primo di settembre, secondo le intese con il Duce, facevo ritorno a Roma per prelevare lamia famiglia a godere il mio mese di vacanza. Non fu un mese di vacanza. Il Duce mi ricevette affabilmente a Palazzo Venezia, mi domandò se ero soddisfatto del mio nuovo lavoro, gli risposi che le prime impressioni erano state ottime ma che avevo bisogno del suo personale aiuto perfare dell'Ambasciata una casa d'Italia degna delle nostre tradizioni e del regime. Non si trattava didenaro, i fondi rimasti per l'arredamento dell'Ambasciata mi bastavano se lui mio avesse aiutatoa convincere alcuni sopraintendenti delle Belle Arti e Musei d'Italia ad utilizzare alcuni capolavori ed oggetti d'arte depositati nei magazzini e non esposti al pubblico per ragioni di spazio. Il Ducemi promise che l'avrebbe fatto subito, e lo fece. La sovraintendenza delle Belle Arti di Roma misea disposizione dell'Ambasciata di Londra bellissimi mobili settecenteschi depositati in magazzininon esposti al pubblico e provenienti da Palazzo Reale, Palazzo Farnese, Palazzo Barberini. La Pinacoteca di Brera a Milano mi consegnò due superbi Magnasco con due mobili di valore, provenienti dai magazzini del Castello Sforzesco. Palazzo Pitti in Firenze, quattro ritratti delle ‘Amanti’ di Re Carlo II Stuart, dipinti del noto pittore inglese Sir Peter Lily, pittore di corte; erano stati commissionatia Londra da un granduca Medici per confrontare le bellezze delle donne fiorentine conle bellezze delle donne inglesi. I quattro ritratti facevano così ritorno nella capitale britannica. La Galleria degli Uffizi fu la più generosa di tutti, mettendo a disposizione dell'Ambasciata una ricca collezione di arazzi provenienti dalle famose arazzerie Medicee e che altro non erano se non i doppioni di altri tesori d'arte esposti al pubblico nella Galleria degli Uffizi. Ma il colpo grosso venne subito dopo. Aveva luogo proprio in quel periodo il crollo dell'impero finanziario di ungrande industriale e finanziere torinese, Riccardo Gualino, il quale possedeva una delle più ricche collezioni private di capolavori che esistesse in Italia. La Banca d'Italia nella sua posizione di creditrice era venuta in possesso di tale collezione. Fui autorizzato a fare una scelta per l'Ambasciatadi Londra dei capolavori che più mi interessavano. Scelsi per prima la Venere di Sandro Botticelli. E Inoltre ‘Madonna col Bambino’ di Guido da Siena; ‘San Giovanni Evangelista’ di LorenzoVeneziano; ‘Ascensione’ di Giotto; ‘Leda con Cigno’ di Tiziano; ‘Ritratto di Sebastiano Veniero’ diTintoretto; ‘Venere e Marte’ di Paolo Veronese; ‘il Guado’ di Rubens ed altri altrettanto magnifici. Tutti questi tesori d'arte, ad eccezione dei quadri provenienti dalla collezione Gualino, che allo scoppio della guerra vennero trasportati nella Pinacoteca a Torino, si trovano tutt'oran ell'Ambasciata di Londra. Con l'arrivo nella capitale britannica di questi splenditi capolavori dell'arte italiana pre-rinascimentale, rinascimentale e post-rinascimentale che io avevo voluto accompagnare di persona dall'Italia all'Inghilterra, nasceva la nuova Ambasciata d'Italia, un autentico museo d'arte chesuscitò immediatamente meraviglia ed ammirazione e che fu costante oggetto di visite da partedi uno scelto pubblico britannico. La ‘Venere’ di Botticelli fu naturalmente collocata al postod'onore nella grande sala dei ricevimenti ed ogni giorno davanti al dipinto era rinnovato l'omaggiodi un grande mazzo di freschi candidi gigli. Non vi è dubbio che a lavoro finito l'Ambasciatad'Italia risultò la più bella, la più originale la più ospitale fra tutte le ambasciate nel Regno Unito.Le accoglienze con cui io fui ricevuto nella capitale britannica quale Ambasciatore d'Italia furono spontane ed unanimi, dai sovrani, al Governo, al Parlamento, nella stampa e nella City. Questa cordiale simpatia non venne mai meno, neppure durante i periodi in cui tutto lasciava credereche l'Inghilterra e Italia si trovassero sull'orlo della guerra ed io, quale Ambasciatore d'Italia, avevo il dovere di difendere con lealtà, ma senza riguardi, il buon diritto italiano ed il mio Paese dalle ingiustizie e sopraffazioni da parte britannica. Potrei citare su questo tema innumerevoli episodi a conforto di quanto sto scrivendo. Accennerò per tutti ad uno soltanto. Ai primi di novembre di ogni anno ha luogo a Londra un avvenimento di eccezionale importanza: l'apertura della sessione parlamentare. Si tratta di una cerimonia che si svolge da secoli secondo un rito che non ha mai subito mutamenti. Il Re o la Regina, alla testa di un corteo, si reca in un cocchio doratotrainato da cavalli bianchi dal Palazzo Reale alla Camera dei Lords e ai Comuni il discorso dellaCorona. Dopo qualche giorno ha luogo nella City un grande pranzo, offerto dal Lord Mayor ad oltre mille invitati scelti tra i rappresentanti di tutte le classi sociali. Come ognuno sa, Londra comprendeva storicamente tre distinte città (oggi ne sono rimaste solo due): la cosiddetta città del Recon al centro St. James Palace, che resta ancora oggi la sede storica dei Re d'Inghilterra; la City,ossia la città degli affari e dei mercanti, con al centro la Guildhall, sede ufficiale del Lord Mayor;la terza città, ormai sparita, era costituita dal Porto con i suoi marinai e le sue navi. I Red'Inghilterra sono proclamati Re da un Araldo che si reca a darne l'annuncio in ciascuna delle tre distinte città. Al pranzo del  Lord Mayor partecipa il Primo Ministro, il quale pronuncia un discorso sulle relazioni della Gran Bretagna coi vari paesi del mondo. Ospiti d'onore, gli ambasciatori stranieri annunciati a suon di tromba da un araldo al loro ingresso. Gli ambasciatori, accompagnatidall'intero personale dell'ambasciata accreditato a Corte, sfilano fra le due ali dei convitatiper raggiungere una specie di trono dove siede il Lord Mayor, con a destra il Principe di Galles ea sinistra l'Arcivescovo di Canterbury, capo effettivo della Chiesa Anglicana. Il percorso dall'ingresso sino al cosidetto trono di Lord Mayor è piuttosto lungo. Dal minor o maggior calore concui le due ali dei convitati accolgono le missioni straniere, viene giudicato lo stato di buone o cattiverelazioni esistenti tra il paese straniero e la Gran Bretagna. Il protocollo di Corte fissava le procedure secondo la data di presentazioni delle lettere credenziali al Sovrano. Il posto spettante all'Ambasciata d'Italia seguiva immediatamente quello dell'ambasciata francese e precedeva quello dell'ambasciata sovietica. Il passaggio dell'ambasciatore e dell'ambasciata di Francia era sempre accolto da una formale dose di applausi che si ripetevano ogni anno. Il passaggio dell'ambasciatoree dell'ambasciata della Russia sovietica da nessuno applauso, il che si ripeteva ognianno. Che cosa - mi domandavo non senza preoccupazione - sarebbe accaduto per l'Ambasciatad'Italia, date le condizioni francamente cattive che esistevano in quel momento tra i nostri paesi? Eravamo infatti nel novembre del 1935. L'anno più difficile, l'anno del conflitto etiopico che portò i rapporti italo-britannici a un grado di tensione quale non si era mai verificato nella storia dei due paesi. Le truppe italiane avevano da poche settimane varcato il Magreb, confine tra la nostra colonia Eritrea e l'Impero Etiopico, e l'Etiopia era un campo di battaglia. Ogni sabato folle di dimostrantiinglesi si ammassavano davanti all'Ambasciata d'Italia dando luogo a dimostrazioni ostili al grido di: ‘chiudete il Canale di Suez’. È impossibile, pensavo, che la folla dei convitati per il pranzo alla Citynon ricevesse a suon di fischi il passaggio dell'Ambasciata d'Italia. Tale dimostrazione era ovvia enaturale, considerando gli spiriti accesi della folla britannica e la sempre crescente ostilità popolare contro l'Italia. Raccomandai ai miei collaboratori, tutti in uniforme diplomatica di gran gala, un'aria disinvolta, né timida, né spavalda: procedere dietro di me sorridendo educatamente, col mento in alto, apasso lento, ignorando i fischi e le manifestazioni di ostilità dalle quali saremmo stati accolti. Non nascondo che quando l'araldo annunciò con uno squillo di tromba il nostro ingresso, mentre si spegneva l'ultimo formale applauso per l'ambasciatore di Francia, una certa trepidazione miinvase. Ma tirai diritto. Sino a metà tragitto fummo accolti da un silenzio sepolcrale poi, ad un tratto,un applauso. Poi dieci, cento, mille applausi. Una vera dimostrazione di simpatia di gran lunga superiore a quella tributata alla Francia. L'applauso continuò sino a quando non raggiunsi il podio di Lord Mayor, al quale presentai i complimenti di rito. In quello stesso momento, l'Arcivescovo di Canterbury disse ad alta voce: ‘Signor Ambasciatore, Voi vi rendete conto che questi applausi sono diretti alla Vostra persona, non al Paese che rappresentate’. Risposi: ‘Ma io non sono una persona sono la bandiera del mio Paese’. Intervenne a questo punto il Principe di Galles il quale, sempre a voce alta, disse e ripetè due volte: ‘Ben detto! ben detto!’ La folla dei convitatiche si era avvicinata rinnovò con toni più alti l'applauso. Respirai! Tutto era andato per il meglio.È secolare che i Sovrani inglesi trascorrono le festività pasquali al Castello di Windsor. Il Castellodi Windsor è davvero un castello da fiaba. Costruito sopra un'altura, ai suoi piedi si estende unimmenso parco boschivo, un infinito mare verde che ha per confini l'orizzonte. Il castello contienela più grande raccolta di disegni originali di Leonardo da Vinci. La grande torre normanna, fucostruita - così dice la leggenda - da Guglielmo il Conquistatore. Re Giorgio V e la Regina Maria -Queen Mary è stata una grande Regina - per le feste di Pasqua del 1933 invitarono mia moglie e mead essere loro ospiti per un fine settimana. Con amabilità regale la Regina volle accompagnarci di persona nell'appartamento indicato, e lasciandoci ci disse: ‘Qui abitava Anna Bolena, non è improbabile che questa notte voi avvertiate la presenza del suo fantasma’. Nessun fantasma disturbò il nostro sonno. Soltanto qualche piccolo rumore dovuto evidentemente a piccoli topi intenti a roderequalche vecchio mobile. Gli inglesi credono ai fantasmi e ci credono sul serio. Non vi è alcun rispettabile castello nell'intera Gran Bretagna che non abbia il suo fantasma. Durante i nostri setteanni di permanenza nel Regno Unito siamo stati innumerevoli volte ospiti di antichi castelli, ma fantasmi non ne abbiamo incontrati mai. Evidentemente, i fantasmi inglesi hanno un'allergia per noi, gente del sud. Al termine dei due pranzi del sabato e della domenica, una banda militare scozzese,in alta uniforme, fece tre volte il giro della sala per dare, con pifferi e cornamuse, la buona notte ai Sovrani ed ai suoi ospiti. Di tutti i ‘weekends’ trascorsi in Inghilterra quello del Castello di Windsorresta il ricordo più gradito ed indimenticabile per la squisita gentilezza dei Sovrani e per la loro regale ospitalità”.

 

 

 

 


 

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