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LONDRA SERA
NUMERO 21,
31-6 Maggio/Giugno 2010
 

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INTERVISTA A VITTORIO SGARBI

A cura di Sagida Syed

Di Vittorio Sgarbi tutto si può dire ma non che non abbia un certo fegato. Lo intervistiamo un mercoledì all’una (all’una di notte, precisiamo) al cellulare. È lui a chiamarci. Puntualissimo. Quasi subito dopo una nostra email che pensavamo sarebbe caduta nell’immenso pozzo senza fine che può essere la casella elettronica di un sindaco/professore/opioninista/critico d’arte/attore/scrittore ecc. Di queste personalità noi abbiamo scelto la prima per una sua singolare iniziativa che lo ha catapultato sulle prime pagine dei quotidiani e dei prestigiosi rotocalchi italiani e perfino stranieri. Parliamo del ‘Museo della Mafia’, il primo al mondo, inaugurato da Giorgio Napolitano l’11 maggio scorso a Salemi, in provincia di Trapani, alla presenza del primo cittadino, Vittorio Umberto Antonio Maria Sgarbi. Vittorio Sgarbi per tutti, amici e nemici. Dicevamo fegato. Esordisce leggendoci una lettera a lui indirizzata con una serie di improperi, insulti, minacce, volgarità che il sindaco non ci risparmia, in mezzo alle quali emerge un messaggio chiaro: fatti da parte, vattene o ti faremo fuori. Gli chiediamo se ha paura. “No non èquesto che mi spaventa. Ci sono abituato. Ricevo spesso lettere del genere insieme a teste mozze di varie tipologie di animali”. Siamo in Sicilia. Non dimentichiamolo. E Vittorio Sgarbi è un ferrarese, un estraneo, un uomo abituato a non rinunciare alle proprie opinioni e, al contrario, a difenderle a costo di diventare impopolare. Eletto sindaco di Salemi il 30 giugno 2008, è riuscito a far vivere un autentico Rinascimento a questa città di cui prima si sapeva poco o nulla, nonostante la ricchezza di contenuti storici culturali ed architettonici di questo centro medioevale. Salemi, con i suoi undici mila abitanti, era salita agli onori delle cronache per un devastante terremoto nel 1968. Quando Sgarbi fu eletto si trovò di fronte ad una città abbandonata al suo destino di degrado. Una delle sue prime iniziative fu vendere i ruderi del terremoto ad un euro in cambio del restauro degli stessi utilizzando materiale conforme alla natura del luogo. Fu un successo. Salemi di punto in bianco si trovò al centro di dibattiti e di una felice riscoperta. Da allora si impararono molte cose su questa città che sui libri di storia riempirà a mala pena lo spazio delle sei lettere di cui è composta pur essendo stata la capitale d’Italia an. L’Italia riscoprì il suo gioiello lasciando a Sgarbi le gatte da pelare. Ma Sgarbi non sarebbe Sgarbi se, aprofittando della sua fama mediatica, non avesse continuato con iniziative provocanti come quella del ‘Museo della Mafia’. Gli chiediamo di parlarcene. “Il museo ha vari risvolti. Serve per denunciare. A partire dal colossale affare delle pale eoliche che hanno distrutto il paesaggio, attraverso bande di mafiosi che hanno corrotto gli assessori per ottenere gli appalti. L’arresto di alcuni personaggi ci ha dato ragione. Il museo illustra dunque anche la violenza al paesaggio”. Un tema a cui il sindaco di Salemi è molto attento e sensibile (note le sue denunce sulle mostruosità urbanistiche del Comune di Milano quando fu assessore nella giunta Moratti). Il sindaco continua: “Il Museo della Mafia è come il museo dell’olocausto. Serve per parlarne così come lo hanno fatto i romanzi e i films”. Sgarbi precisa che l’idea è partita dalla Formazione Rosselli. “Io ho affidato ad un gruppo di giovani le mie proposte – continua - tra cui una sala del museo dedicata allo scempio dell’eolico ma abbiamo voluto esplicitamente evitare i feticci legati al mondo mafioso, i quadri dipinti da alcuni ‘venerabili’, le reliquie, le automobili, le lupare ecc. Al contrario abbiamo puntato sulle grandi interviste e sui documenti storici: la mafia nasce nel 1860 e diventa subito oggetto di interesse da parte dei giornali dell’epoca. Abbiamo installato pannelli con le fotografie di quegli edifici di cemento armato a Palermo nei quali probabilmente sono sepolti alcuni cadaveri. Le cabine servono per ricreare ambienti come la stanza del potere, del pizzo. Abbiamo riprodotto alcuni odori tipici delle azioni del racket (gli spari, le case bruciate ecc)”. Un museo degli obbrobri. Alcuni visitatori si sono sentiti male. La visita è consigliata solo a chi se la sente. La mafia ha poco di affascinante. È un affare sanguinoso, sporco, pericoloso. Sgarbi ne sa qualcosa. Forse si è indebolita rispetto alla Camorra e alla Ndrangheta ma i mafiosi, e peggio la mentalità mafiosa, continuano a sopravvivere. All’estero il concetto di mafia ha causato danni enormi al nostro Paese. “Il collegamento Italia-mafia, Sicilia-mafia va abbattuto”, dichiara convinto Sgarbi. Parlare di mafia, quindi, per debellarla completamente. Il museo svolgerà una parte importante di questa guerra. Rappresenterà un fiore all’occhiello dell’amminsitrazione Sgarbi e forse in Sicilia, in Italia e all’estero si comincerà a capire che per dare un taglio all’onorata società bisogna avere il coraggio di denunciare a partire dalle Istituzioni. Ai Siciliani in Inghilterra, che Sgarbi saluta con affetto dice: “Un vero siciliano, costretto ad emigrare per necessità di lavoro, non rinnega le sue origini né rinuncia a tornarci per la grande nostalgia. Una inizitiva come la nostra non può che inorgoglirlo”.



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